Vivere la modernità radicale. Uno sguardo sociologico.

di Massimiliano Vaira

La sociologia è la scienza moderna per eccellenza. Essa si sviluppa all’interno delle trasformazioni prodotte dalla modernità, se ne alimenta e in qualche misura le orienta. Pertanto è una scienza del cambiamento. Oggi viviamo una nuova fase di sviluppo sociale con cui la modernità ha raggiunto uno nuovo stadio, comportando cambiamenti radicali in tutti i campi della vita sociale e inedite sfide. Cresce così l’inquietudine degli individui che si manifesta in ansie e paure, ma anche come una tensione positiva ad accogliere riflessivamente il cambiamento.

 

Sociologia e modernità

La sociologia è la scienza moderna per eccellenza. Essa è nata, è cresciuta e si è sviluppata all’interno delle grandi trasformazioni economiche, sociali, culturali e politiche degli ultimi 200 anni. Si è nutrita di queste trasformazioni, le ha elaborate e, in una qualche misura, ha contribuito a orientarle in una certa direzione. Oggi diamo per scontato che  la vita democratica si fondi sulla partecipazione attiva dei cittadini, che si viva in una società stratificata sulla base di classi sociali, che gli apparati pubblici e privati funzionino in base a principi di specializzazione funzionale di tipo burocratico, che ci definiamo e agiamo come individui. Ma senza Toqueville, Marx, Durkheim, Weber tutto ciò non sarebbe come oggi è.

In breve, la sociologia si è costituita sin dalla sua nascita come scienza del cambiamento, assumendolo non come fatto acquisito, ma come problema da spiegare. Anche quando le analisi si concentrano su uno stato del mondo sociale, l’interesse principale è a comprendere la dinamica attraverso cui quella situazione si è realizzata e verso quali possibili sviluppi potrebbe condurre. Con ciò viene problematizzata la stessa idea filosofica e trascendentale di progresso, come processo lineare, privo di contraddizioni e, in ultima istanza, intrinsecamente positivo.

Oggi siamo nel pieno di una fase di sviluppo sociale che è stata variamente definita come post- modernità, modernità radicale, modernità liquida, iper-modernità, surmodernità. A prescindere dalle etichette, tutte queste definizioni condividono un fatto: la modernità ha raggiunto un nuovo stadio del suo sviluppo, comportando profondi cambiamenti in tutti i campi della vita sociale. Nuovi problemi, tensioni, contraddizioni, opportunità e prospettive si dischiudono in una quantità e con una velocità tali da connotare la vita quotidiana e l’agire delle persone all’insegna dell’incertezza. Un’incertezza che inquieta tutti. L’inquietudine è fonte di ansie e paure, ma anche di una tensione positiva verso l’accoglimento riflessivo dei cambiamenti che al contempo li induce e sollecita. Tuttavia, questa inquietudine positiva non può ridursi a una dimensione psicologica, caratteriale, o peggio narcisistica. Deve fondarsi su condizioni di possibilità che permettano il suo realizzarsi e queste non possono che essere sociali e culturali.

Il senso di precarietà

 

«Non si può progettare il futuro se non si ha presa sul presente». Questa frase di Pierre Bourdieu riassume la condizione in cui la maggioranza delle persone si sente oggi immersa: il senso di precarizzazione della vita, di incertezza radicale con cui quotidianamente ci confrontiamo. In questo scenario il futuro non appare come un’opportunità; talvolta pare una minaccia, ma più spesso esso è semplicemente un non-senso. Anzi, un rischio perché le condizioni mutano continuamente e ciò che si programma oggi va rivisto, o abbandonato domani. Il presente così incerto pare non offrire punti di riferimento in base ai quali scegliere un obiettivo e orientare le azioni. Zygmunt Bauman a tal proposito parla di eterno presente, una condizione in cui non si riesce a pensare prospetticamente ma solo nella contingenza del qui e ora.

Nella vita sociale si insinua l’insicurezza e il senso di precarietà. Nel lavoro, nelle e tra le generazioni, nei valori, nelle identità. Tutto appare frammentario e frammentato. La differenza con chi ha vissuto il cosiddetto trentennio d’oro dagli anni ’50 e ’70 è netta. Quelle generazioni hanno fondato la loro vita sul senso di sicurezza che permetteva loro quantomeno di vedere quale sarebbe stato il loro futuro. Sicurezze di lavoro e carriera, sicurezze sociali, identità definite, valori di riferimento forti. Oggi non è più così. A partire dagli anni ’90 si è verificato un fenomeno inedito nelle società sviluppate: per la prima volta i figli guadagnano meno dei padri. Il conflitto generazionale non riguarda più tanto i valori, quanto il lavoro e le sicurezze sociali. Per essere più chiari: oggi al conflitto di classe tende a sostituirsi quello tra le generazioni. Quanto ai valori e all’identità, essi paiono talmente pluralizzati e rarefatti che nel migliore dei casi le persone riescono a costruirsi un sistema di valori e delle identità a mosaico e per ciò stesso instabili, contraddittori e di incerto profilo.

Oltre il pessimismo

 

Il paradosso della modernità radicale è che essa ci offre una quantità di valori e possibilità di scelta enorme, ma questa sovrabbondanza di alternative, da un lato, disorienta e rende incerti e, dall’altro, non assicura condizioni tali da permettere di compiere scelte dotate di orientamento e stabilità. Ciò alimenta una visione pessimistica e diagnosi volte a denunciare l’apatia, la mancanza di valori, il ripiegamento nell’iper-individualismo, la liquefazione delle strutture sociali e delle identità da esse derivanti.

Storicamente i sistemi sociali sono sempre andati incontro a cambiamenti radicali che hanno alimentato il pessimismo e il catastrofismo. La nostra epoca non fa eccezione. I sistemi sociali si caratterizzano per questa proprietà dinamica: il cambiamento liquida le strutture date, ma non produce uno stato entropico del sistema; produce nuove strutture. Non ci sono ragioni per le quali ciò non dovrebbe avvenire anche oggi.

Vi sono prove che nuovi valori altrettanto forti di quelli del passato stanno emergendo; nuove modalità di aggregazione, appartenenza, identità e partecipazione si stanno coagulando; nuove istanze e interessi mobilitano le persone verso fini comuni; diversi modelli di sviluppo sociale ed economico mettono in discussione quello dominante basato sulla crescita economica. La pluralità di valori, punti di vista e opportunità alternative emergenti aprono a nuove possibilità. Queste sono le condizioni da cui fare partire la costruzione di una nuova società.

Parafrasando Calvino, ci sono due modi per vivere la modernità radicale: farsene travolgere, oppure comprenderla, coglierne le potenzialità e gli aspetti positivi, lottando per dare loro spazio, una forma e una durata.

Dibattiti&Incontri: “Lavori e Valori nella società di domani” domenica 29 maggio 2011, ore 10.15, Sala delle Capriate
con Massimiliano Vaira, Loredana Sciolla, Armando Massarenti

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