Da “Quando ero Pluto” a Villa della Pergola – Intervista senza censure ad Antonio Ricci (II)

Alessandro Bartoli

Un tempo si parlava di una lobby ligure della televisione, una lobby anche situazionista, è mai esistita, esiste ancora?

«Tutto deriva da alcune due mie interviste al Corriere della Sera e a Sette in cui autodenunciai la mafia ligure nello spettacolo ricostruendone l’organigramma: la cosca di Savona era capeggiata da Gina Lagorio, a Genova c’erano Fabrizio De Andrè e Ivano Fossati, io e Grillo eravamo i dioscuri che buttavamo i nemici nel cemento dei pilastri delle chiese di Renzo Piano. Nel Ponente c’era Nico Orengo, che controllava vari traffici dal suo quartiere generale ai Giardini Hanbury fino al rettilineo di Ceriale. Come sicario c’era anche Gino Paoli ma divenne poco affidabile: durante un’azione di fuoco anziché sparare al nemico si sparò da solo…»

Cosa pensi del tuo collega savonese di Rai Tre, Fabio Fazio, quest’autunno ti vedremo sulle sua poltrona a farti intervistare?

«Io fortunatamente non ho mai partecipato ad un talk show per motivi religiosi. Già 30 anni fa Maurizio Costanzo mi perseguitava per invitarmi al suo show. Gli dissi di no e che se mai fossi andato in un altro talk show gli avrei fatto le pulizie in casa per un anno. Quindi mi è proprio impossibile. E poi a Fazio le domande le farei io, non lui a me. Cosa vuoi io preferisco fare a botte piuttosto che essere leccato»

Veniamo al vicende liguri, come è andato l’acquisto del fondo cartaceo Carlo Levi a Roma che poi hai donato al Comune di Alassio?

«Avevo letto sui giornali la notizia della messa all’asta di una parte del Fondo Carlo Levi custodito a Roma. Mi sono preoccupato andasse smembrato sul mercato antiquario. E allora ho riflettuto sul fortissimo legame tra Alassio e Carlo Levi, qui lui trascorreva vari mesi ogni anno, ha dipinto quasi tutto qui, a Villa Levi.  Alassio gli ha dedicato la bellissima Pinacoteca Levi. Decisi di partecipare anonimamente perché sai in Liguria chi si mette ad acquistare per poi donare al pubblico lo prendono subito per un belinone e c’è il rischio di essere continuamente infastidito da gente che ti vuole rifilare ogni sorta di cose. Poi accadde che, dopo essermi aggiudicato il fondo, un dodicenne che reggeva nel mese di agosto Italiano Nostra a Roma, gridò allo scandalo perché le carte Levi andavano a finire chissà dove, e cosa diavolo c’entrava Alassio con Levi…Io ero in vacanza a San Pietroburgo e  dovetti palesarmi come babbo natale e le polemiche cessarono. Il progetto prevedeva – come poi è successo – la creazione di un comitato scientifico diretto dal Alberto Beniscelli e Franco Contorbia per lo studio e la catalogazione del Fondo, curati da Luca Beltrami.  Si sono tenute due presentazioni del catalogo del fondo, a Torino e Alassio»

Chi era Carlo Levi così come lo hai potuto ri-scoprire nelle sue carte private e nei suoi diari?

«Un uomo solare che amava la vita in tutte le sue declinazioni. Uno stile, molto Carlo Levi»

L’acquisto di Villa della Pergola ad Alassio, l’antica dimora dei McMurdo, Villa della Pergola_Alassiodei Dalrymple e degli Hanbury ha salvato il parco e la villa da quali rischi?

«Il rischio era che le altre cordate avrebbero costruito villette dentro il parco. D’altra parte i costruttori fanno il loro mestiere. Uno di questi addirittura, ormai a cose fatte, mi ha detto che era contento che ce la fossimo aggiudicata noi perché volenti o nolenti l’avrebbero stravolta troppo, disse: conosco i nostri appetiti!»

Oltre a Villa della Pergola ad Alassio hai condotto la campagna di denuncia contro il progetto delle torri di Albenga, sei diventato un paladino del paesaggio e dell’ambiente italiano?

«Io non sopporto paladini, eroi e gabibbi però ci sono dei momenti in cui bisogna prendersi delle responsabilità e andare oltre al mugugno e al disincanto. Talvolta arriva anche il momento del fare e dell’agire Sai che andrai in contro a sacrifici, rogne infinite, e che stai buttando te e le persone che ti seguono in un buco nero dal quale non si può sapere come uscire. Così è successo ad Alassio per Villa della Pergola. Ti senti di farti interprete di qualcosa che senti profondamente: non si può criticare ogni singolo parcheggio che costruiscono. Certo all’idea di avere 4 grattacieli di 80 metri prospicienti a 50 metri da Palazzo Oddo dove recentemente hanno inaugurato l’interessantissima mostra sui vetri romani di Albenga era proprio brutta. A parte queste sparate da gabibbo credo molto nelle associazioni di cittadini per la salvaguardia del territorio: quindi meno maciste contro il resto del mondo e più basi!»

Un’altra grande passione di Ricci è quella per la storia del maggio pariginoMaggio 68_medium_big_manifesti_1 del ’68 e soprattutto per i manifesti e i ciclostili di quell’epoca di cui sei il più grande collezionista. Come è nata questa passione?

«In realtà si tratta di un vero archivio che mi doveva servire per fare un film. Ne posso parlare perché tanto non credo lo farò più. Il film doveva avere per protagonista un ragazzo che aveva partecipato giovanissimo al ’68 e si ritrovava  a fare l’animatore del pupazzo di Pluto a Euro Disney. Si doveva intitolare Quando ero Pluto. Avevo già molti manifesti e documenti ma poi ne ho raccolti molti altri per questo progetto. Ne hanno fatto tre mostre e Bolaffi ha pubblicato il catalogo. Per il centenario del ’68 spero di organizzarne una quarta a Parigi.»

A quarant’anni dagli eventi del ’68 è possibile fare un’analisi equilibrata e un bilancio di quella protesta e dei suoi protagonisti?

«Il ’68 ha avuto tutti i pro e tutti i contro. E’ stato comunque una frattura, un punto di non ritorno. Oggi genitori e figli più o meno parlano la stessa lingua e si capiscono. Prima del ’68 ci si è dimenticati quale cappa opprimente e incomprensibile avvolgeva la società. Non mi si dica che è colpa del ’68 se la scuola italiana non funziona. Ci sono un sacco di insegnati che hanno la stoffa di Teresa di Calcutta però mancando fondi e strutture si demoralizzano e demotivano! E poi io non mi ricordo di ministri della Pubblica Istruzione ex sessantottini, e allora di chi è la colpa? Il movimento del ’68 non voleva mica abolire l’autoritarismo inutile per il  menefreghismo: si voleva sostituire all’autoritarismo – nella scuola e non solo – l’autorevolezza.»

Ricci chitarrista: suonerai ancora la chitarra in pubblico, magari alla festa dell’inquietudine il prossimo anno?

«Alla festa dell’Inquietudine suonerò solo un flamenco se però Elio Ferraris lo ballerà vestito da gitana, con i baffi»

Nota: dopo la lettura dell’intervista il direttore de La Civetta e direttore della festa dell’inquietudine, Elio Ferraris, si è tagliato i baffi.

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