Graziella Arazzi
Studiosa del comportamento umano, psicologa e psicoterapeuta di fama internazionale, Gianna Schelotto collabora a numerosi quotidiani e riviste, fra cui “Il Corriere della Sera” (Rubrica “Questioni d’amore”) e “Donna Moderna”. È stata autrice – assieme all’attrice Paola Pitagora – di un testo per il teatro, La foresta d’argento, messo in scena al Piccolo Teatro di Milano. Fra i fondatori del circolo culturale genovese “I Buonavoglia”, Schelotto è conosciuta al largo pubblico per la partecipazione a trasmissioni televisive e radiofoniche, dedicate alle problematiche dell’esistenza.E’ autrice di numerosi saggi (pubblicati in gran parte da Mondadori), tra cui si ricordano:
Matti per sbaglio (1989) Strano, stranissimo, anzi normale (1990) Una fame da morire (1992) Caino il buono (1993) Il morso della mela. Interviste sul femminismo, con Miriam Mafai e Ginevra Conti Odorisio (1993) Certe piccolissime paure (1994) Il sesso, probabilmente (1995, con cui ha vinto il Premio Leonida Rèpaci) Perché diciamo le bugie (1996) Nostra ansia quotidiana (1999) Equivoci e sentimenti (2000) Per il tuo bene (2001) Conosci davvero tuo figlio? Uno sconosciuto in casa (2001) Distacchi e altri addii (romanzo, 2003) Uomini altrove (2004) Ti ricordi, papà? (2006) E io tra di voi (Le amanti e le loro illusioni) 2007 Un uomo purchè sia 2009
Nel mito platonico, Eros è il figlio di Abbondanza e Privazione, di Ricchezza e Povertà, una creatura difficile da definire, che non possiede una natura esclusivamente divina o umana, ma sintetizza le due realtà, sempre in movimento tra due estremi, tra cielo e terra, tra luce e oscurità. Sicurezza e incertezza ad un tempo del vivere, energia che si rigenera in spazi e tempi diversi, Eros figura come il contrario dell’entropia, della morte, dell’eterno ritorno dell’uguale.
Si ritrova in questo scenario?
“Mi ci ritrovo. Possiamo considerare Eros come apertura all’oltre, ricerca costante di rinnovare se stessi. Eros è il passaggio, lo sconfinamento, la transizione da uno situazione all’altra, il tempo della decisione, dove irrompe il nuovo, lo spazio del conoscere, inquieto e sicuro ad un tempo, la curiosità della sorpresa.
Consideriamo un rapporto di coppia. Quando dentro la coppia si ha la sensazione che l’altro sia completamente aperto e disponibile e non ci riservi più sorprese, si cerca il collegamento a un ulteriore <altro>. Spesso, si dimentica che il rapporto quotidiano tra due persone corre il rischio di trasformarsi in una completa condivisione dei due soggetti e di realizzare uno scambio di identità tra l’uomo e la donna. In questo caso, la coppia non può accogliere e ospitare Eros, l’insolito, l’elemento sconosciuto, il desiderio dell’ignoto, l’impensabile. In coppie affette dal silenzio delle parole e dei sentimenti, nel momento in cui si verifica il tradimento, nell’istante in cui irrompe sulla scena una nuova dimensione della vita, si recupera Eros, che riapre a nuove profondità, conducendo donne e uomini a vedersi in modo diverso, a infrangere la perfetta e cementata sovrapposizione, a prendere le distanze per poter ricominciare il dialogo. L’Eros si spegne quando si smette di cercare nell’altro qualcosa di cui non si dispone, qualcosa che viene immaginato, pensato con la ricchezza delle emozioni”.
“Uomini altrove. Storie di cinquantenni in fuga”, un’opera che ha pubblicato nel 2005: questi uomini confusi e disorientati approdano alla vita autentica?
“Sono persone sbilanciate, che sperimentano il disagio della famiglia ma non sanno anticipare e creare forme alternative di esistenza. Si spingono fuori dei confini del nucleo familiare e tuttavia esitano a lasciare definitivamente la famiglia, perché vivono in una patologica integrazione con le mogli o le compagne”.
La fuga di questi uomini in crisi non è quindi il viaggio di Eros?
“Sicuramente no, perché Eros è fragile e forte ad un tempo, è la potenza di potersi disseminare, smarrire lungo la strada e, successivamente, ritrovare e riorientare per ripartire verso lidi sconosciuti, in balìa di venti tempestosi. Da Calipso a Circe, alle Sirene, Eros spinge al di là delle abitudini, sostiene su di sé il peso della vita, incoraggia a prendere decisioni inusuali. Ulisse prova l’ardore del conoscere, affronta l’incertezza della vita, anche se alla fine dell’<andar per mari> ritrova in Penelope il suo specchio, la coesione di un’identità di coppia. Oggi, invece, molti uomini intraprendono un falso viaggio; non riescono a costruire un effettivo percorso di autoconoscenza, in quanto risultano vischiosamente concentrati sulla famiglia e troppo deboli per affrontare la contraddizione che Eros rappresenta”.
Perché Eros ci attrae?
“Il fascino di Eros consiste nella difficoltà che espone e sviluppa, nell’eterna contraddizione tra mutamento e stabilità che esibisce. In Eros emerge il ritmo della vita, intesa come costante alternanza di perdite e acquisti. L’amore è scoperta, invenzione, un percorso alimentato dall’interiorità, che oscilla tra andate e ritorni, tra movimento e quiete, nella curvatura transitoria che caratterizza l’esistenza. Non appena raggiunge una mèta, Eros cerca nuove tensioni, non si adagia in ciò che ha conquistato. Nella sua nascita svolge un ruolo determinante l’immaginazione; il mondo dell’amore è l’universo del simbolico, il regno delle metafore che portano lontano le conoscenze e aprono nuovi sentieri. Spinta verso l’inconoscibile, tensione a uscire da spazi e tempi definiti, a distruggere le certezze delle frontiere, Eros sfiora la morte e rinnova la profondità della vita. In questo orizzonte, i sensi sono solo uno strumento”.
La nostra società lascia spazio all’immaginario amoroso?
“La prospettiva che oggi si contrabbanda per Eros ne è solo un povero simulacro. Occorre riscoprire la rappresentazione dell’amore profondo, quello che mette in luce l’alterità contenuta in ognuno di noi”.
Il nostro tempo ha paura dell’amore?
“Direi proprio di sì, perché l’amore possiede una forza destrutturante e per definizione tende a destabilizzare strutture consolidate. L’energia dirompente dell’immaginazione, viva nelle metafore, potrebbe non risultare controllabile. Per questo l’amore viene emarginato o ricondotto a forme che lo svuotano della sua essenza”.
In che modo possiamo ritrovare il figlio di Abbondanza e Privazione?
“Con un lavoro lungo e paziente su di noi. Ognuno – considerando anche il ruolo della differenza di genere – dovrebbe intraprendere un viaggio all’interno di sé, senza moralismi e luoghi comuni. Certo, in una epoca come la nostra, in cui è difficile comprendere i processi, perché non possediamo le chiavi adeguate per decifrare le complesse rete di relazioni che si vengono a determinare (si pensi al mondo di Internet!), recuperare la conoscenza profonda di noi stessi richiede attenzione alle metafore, alle creature della nostra immaginazione. Freud e Jung ci sostengono, il primo con la scoperta del ruolo della sessualità nella crescita della persona e il secondo con l’indicazione degli archetipi che costellano la vita dell’anima”.
Eros e creatività. C’è un legame?
“L’amore ha sempre capacità creative. E’ voglia di nuovo. L’arte è energia che procede per continue configurazioni di mondi, mettendo in scena tutte le architetture della vita, rendendo visibile ciò che non appare ma che, in definitiva, rappresenta la venatura profonda di ogni vissuto”.
Come si percepisce l’arrivo di Eros?
“Come curiosità, come cambiamento del modo di vedere le cose, quasi che esse si trasfigurassero al nostro sguardo. E’ come se si vedessero le cose nella loro essenza e se Eros ci rendesse un po’ tutti poeti, scoprendo e rivelando negli oggetti della quotidianità una dimensione <altra>”.
Abbondanza e privazione, ricchezza e povertà: la definizione ambivalente con cui nel “Simposio” di Platone viene indicato Eros ha ancora un significato nel linguaggio della psicoanalisi?
“Certamente. L’amore, come apertura all’altro, è privazione degli impulsi egoistici, abbandono di parti di noi. Come scoperta, comporta perdita, distacco da qualcosa di vecchio. Sempre come scoperta, tuttavia, è acquisizione di ricchezza profonda”.