Ilaria Caprioglio
I giovani sono connessi. La tecnologia è parte della loro vita. Parlano, scrivono, creano, pubblicano, googlano con i loro cellulari, IM’ing (Instant Messaging) sui loro computer portatili, accedono alla rete mondiale, giocano con video games in rete, MMORPG (Massive(ly) Multiplayer Online Role-Playing Game) giochi come EverQuest e Second Life. Nessuna generazione, nella storia, ha ricevuto una così vasta preparazione per l’era industriale. Ma viviamo in tempi a crescita esponenziale, per cui occorre essere preparati ai cambiamenti continuando ad imparare, dis-imparare, ri-imparare, nonostante una scuola inadeguata. Digital Kids. Analog Schools.
Nella bufera mediatica, scatenata dalla riforma scolastica del ministro dell’istruzione Gelmini, nessuno spazio è stato ritagliato, nessuna parola è stata spesa per quel ciclone informatico che dal 2001 sta investendo e rinnovando radicalmente l’istruzione a livello globale. In quell’anno, infatti, il Massachusetts Institute of Technology (MIT), la più prestigiosa scuola di ingegneria al mondo, comunicò sulle colonne di “The New York Times” la propria decisione di pubblicare su Internet tutti i suoi corsi gratuitamente, dando vita ad un ambizioso progetto denominato “Open Course Ware” (OCW) [“Buon Lavoro & Società della Conoscenza” di C. G. Casati su La Civetta Anno XIII n.6]. Da quel momento l’onda non si è più arrestata, si è anzi ingigantita comprendendo nel suo ambito anche l’“Open Educational Resources” (OER) per K-12, dove la sigla “Kindergarten through 12th grade” sta ad indicare che la formazione aperta si è estesa anche alle scuole primarie e secondarie (che negli Stati Uniti, Australia e Canada inglese coprono, attraverso 12 gradi di istruzione, la fascia di età che va dai 5-6 fino ai 17-18 anni).
Digital Kids @ Analog Schools: Rinascimento Digitale
Molti Wiki-spaces si sono attivati per diffondere questa “Digital Renaissance” attraverso la collaborazione responsabile di persone interessate al progetto, fra i molti citiamo “Did you Know” [http:/shifthappens.wikispaces.com], nato come una presentazione PowerPoint nell’ambito di un meeting scolastico, nell’agosto del 2006, in Colorado e divenuto virtuale nel febbraio del 2007. Ad oggi la vecchia e la nuova versione della presentazione online è stata visitata almeno da 15 milioni di persone! Il proposito che questi educatori si prefiggono consiste nell’aiutare tutti i bambini in ogni parte del mondo, attraverso l’istruzione, a diventare “successful digital and global citizens”. Anche la Cina ha aderito al programma di formazione aperta [www.OERCommons.org] grazie al quale insegnanti di prestigio offrono alti standard qualitativi di insegnamento, raggiungendo anche le aree più remote del Paese che, per insufficienza di fondi, di infrastrutture, per le tasse elevate ed i bassi stipendi, non avrebbero la possibilità di offrire ai propri giovani un’istruzione adeguata e, dunque, l’opportunità di migliorare le proprie condizioni di vita future. Si propone lo stesso traguardo il progetto umanitario “One Laptop per Child” (OLPC) [www.Hewlett.org], promosso da Nicolas Negroponte nel 2007, grazie al quale si dovrebbe colmare il divario digitale fra il primo ed il terzo mondo, garantendo ai bambini dei Paesi arretrati la possibilità di capire ed apprendere le nuove tecnologie. Attraverso la formula “Give one, Get one” chi acquisterà un computer, di un determinato modello, permetterà alla ditta produttrice di offrirne un altro, identico, ad un bimbo in età scolare dei Paesi in via di sviluppo.
Digital Kids @ Analog Schools: Diritto alla Connettività
E l’Italia? Come standard qualitativi di insegnamento deve considerarsi ricompresa nel primo o nel terzo mondo? Ha mosso qualche passo verso il “Right to Connectivity”, in attesa del miracolo della nebulosa e mutante riforma Gelmini?
Tracce della presenza italiana sono state rinvenute nella conferenza del 20 e 21 ottobre 2008, svoltasi a Strasburgo, in occasione della quale circa 150 rappresentanti del settore privato, dei governi e della società civile hanno dato vita al Primo Dialogo europeo sulla Governance di Internet (EuroDIG) [www.eurodig.org]. All’ordine del giorno vi sono stati temi quali la criminalità informatica, la protezione dei dati, la tutela dei bambini che navigano in rete, l’accesso dei disabili ad Internet, la vendita dei medicinali contraffatti sul Web: questo nell’ottica di definire la posizione dell’Europa nell’ambito del successivo Forum della Nazioni Unite, svoltosi dal 3 al 6 dicembre 2008 a Hyderabad in India [www.coe.int]. Il messaggio che il Consiglio d’Europa ha portato si può racchiudere in un semplice enunciato: “Costruire un Internet sicuro ed aperto, gestito nel rispetto dei diritti umani” ed in questo senso si è cercato di andare, anche con la compilazione di un Codice di buone prassi sulla partecipazione pubblica nella Governance di Internet. La delegazione italiana presente al Forum indiano ha poi annunciato la disponibilità del nostro Governo ad ospitare a Roma, nel quadro della Presidenza italiana del G8, un nuovo Forum internazionale, nell’estate 2009, che riunirà le varie coalizioni dinamiche (cioè le aggregazioni spontanee che riuniscono tutti gli stakeholders: governi, organizzazioni, società civile e settore privato) costituitesi nell’ambito del precedente IGF [http:/portel.forumpa.it].
Due domande sul Rinascimento Digitale in Italia
In teoria, dunque, l’Italia si è mossa ma in pratica? Ha già messo in atto qualcuna delle infinite possibilità che il diritto alla connettività offre nell’ambito dell’istruzione e che vari Stati stanno già sperimentando da diversi anni? Ha già trovato, inoltre, la risposta alla domanda, fra le tante formulate da “Did You Know”, se sia possibile per un insegnante che non utilizza la tecnologia essere un eccellente insegnante?
In riferimento alla prima domanda un esempio di applicazione della connettività, seppure in un ambito ristretto, si può ritrovare nel progetto “Home-School-Hospital” [www.istruzioneer.it]. L’iniziativa è sorta nel 2007 in Emilia Romagna ed offre un collegamento telematico agli studenti ospedalizzati o in situazioni di terapia domiciliare con le classi di appartenenza. Vengono, dunque, contestualmente garantiti due diritti costituzionali: quello alla salute e quello all’istruzione.
In merito alla seconda domanda restiamo in attesa di un riscontro, augurandoci che la partecipazione italiana all’IGF non resti priva di conseguenze pratiche per il nostro sistema scolastico. Ma, a questo punto, sarebbe necessario che ognuno di noi rispondesse a questo ulteriore quesito: sarebbe importante estendere ai nostri figli l’istruzione aperta e con quali modalità?
Millennials
Prima di fornire una soluzione dobbiamo riflettere su un dato incontrovertibile: i nostri figli appartengono ai “Digital Kids” che Don Tapscott (autore di “Wikinomics” e “Grown up digital, the rise of the net generation”) descrive come ragazzi nati nell’era di Internet (a differenza dei “Digital Immigrant” cresciuti con la carta stampata) dalla fine degli anni ottanta in poi e classificati anche come “Millennials”. Sarà questa generazione una forza capace di trasformare la società grazie alla conoscenza delle nuove tecnologie? Un effetto in America pare si sia già prodotto in occasione dell’elezione di Barack Obama, alla quale i giovani hanno partecipato attivamente tramite Internet. Ed in Italia cosa sta succedendo? Secondo una ricerca dell’Osservatorio sui nuovi media dell’Università Bicocca di Milano (pubblicata da “Il Sole 24 ore” del 11.12.08) il 98% dei giovani usa Internet, il 68% naviga per più di cinque ore al giorno ed il 57% usa regolarmente i servizi di messaggeria istantanea. Inoltre il 42% dei ragazzi ha un blog personale ed il 78% ne consulta altri. Purtroppo il 63% dichiara di leggere meno di cinque libri all’anno! I giovani italiani rischiano, dunque, di non approfittare delle enormi potenzialità di apprendimento che la connettività offre, per perdersi a navigare per ore e ore su Facebook o analoghi social network, sottraendo tempo all’istruzione nonché alla socializzazione tradizionale. Sempre più intrappolati, quindi, in quel processo di smaterializzazione del mondo che, come descrive la filosofa Francesca Rigotti, “ha sostituito alla percezione primaria della realtà attraverso tutti i sensi una percezione secondaria e terziaria di segni, immagini e codici che perde sempre più il rapporto con la realtà di partenza”.
WWW ovvero Wild Web Woods
Sarebbe auspicabile che tutti, ma soprattutto i giovani, tornassero a considerare Internet come uno strumento formidabile, ed ormai imprescindibile, per acquisire conoscenze e/o lavorare senza esserne, tuttavia, soggiogati. Per i più piccoli potrebbe essere utile, per i genitori addirittura illuminante, accostarsi al gioco “Wild Web Woods” [www.wildwebwoods.org], creato dal Consiglio d’Europa per aiutare i bambini di età compresa fra i 7 e i 10 anni ad apprendere le regole della sicurezza su Internet. Attraverso fiabe tradizionali i bimbi percorrono un labirinto di potenziali pericoli dove imparano, per esempio, che tutto quello che trovano sul web non è buono oppure che, attraverso un utilizzo consapevole di Internet, possono ottenere un’istruzione di qualità: un loro fondamentale diritto! Ma, soprattutto, dove incontrano un personaggio magico che ricorda come “sia bello essere on-line senza, tuttavia, dimenticare di andare sovente a giocare con gli amici all’aria aperta”. Consiglio di andare a visitare questa foresta incantata, anche per non lasciare troppo solo mio figlio: fra i tanti bimbi tedeschi, turchi, greci, spagnoli, belgi per il momento Jacopo (9 anni) è stato l’unico “esploratore” italiano!
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