Nel mare magnum del web naufragano diritto d’autore e creatività

Ilaria Caprioglio

Internet offre l’opportunità di diffondere e condividere contenuti, ma deve fare i conti con la normativa sul Diritto d’Autore che fatica a stare al passo nell’era della comunicazione digitale. Fra la proposta di licenze Creative Commons e la svolta di Murdoch il pericolo  resta, comunque, la superficialità e la mancanza di creatività e attendibilità dei contenuti stessi. Stiamo entrando nell’era del copia e incolla?

La tutela del Diritto d’Autore nell’era della comunicazione digitale

Internet si è rivelato, nel corso degli anni, un formidabile strumento per diffondere la cultura, per distribuire e condividere contenuti ma, inevitabilmente, è andato a scontrarsi con la necessità di tutelare i diritti degli autori dei contenuti stessi.

La norma che tutela il Diritto d’Autore risale al 1941 (1) e, come gran parte delle leggi italiane, ha subito successive modifiche, al fine di porre rimedio alle lacune che via via incontrava sul suo cammino, come quella che è derivata dal progresso delle tecnologie digitali. L’insieme dei diritti di cui gode l’autore di opere dell’ingegno di carattere creativo (2) si possono dividere in diritti morali e diritti di sfruttamento economico. I primi sono inscindibilmente collegati all’autore e hanno durata illimitata, mentre i secondi sono temporalmente limitati (in genere settant’anni dopo la morte dell’autore) e sono alienabili, totalmente o parzialmente ad altri soggetti. Ed è proprio per tutelare i secondi che la legge è stata più volte “ritoccata” in modo frammentario e confuso, lasciando spazio ad antitetiche interpretazioni. Nel 2000 introducendo ulteriori ipotesi al fine di contrastare la pirateria e la contraffazione anche realizzata via internet, nel 2001 per equiparare al prodotto editoriale realizzato su supporto cartaceo anche quello realizzato su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o diffusione con qualsiasi mezzo, nel 2004 con interventi per combattere la diffusione telematica abusiva di materiale audiovisivo, nel 2008 per consentire la pubblicazione attraverso la rete internet di immagini e musiche a “bassa risoluzione o degradate” al solo fine didattico o scientifico e senza scopo di lucro (3). A complicare la situazione è necessario, inoltre, ricordare le convenzioni internazionali quali la Convenzione di Berna (CUB) del 1886, la Convenzione Universale sul Diritto d’Autore (CUA) del 1952, la World Intellectual Property Organization (WIPO) del 1967 e il Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights (TRIPS) del 1994. E ancora la Commissione Europea nel 1995 pubblicò il “Green Paper on Copyright and Related Rights in the Information Society”, documento che affrontava il problema di come armonizzare le leggi, a tutela del diritto d’autore nel web, esistenti nei singoli Paesi membri; e nel 1997 adottò la “Proposta di direttiva sull’armonizzazione del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione”, nella quale si precisavano questioni quali il diritto di riproduzione, di distribuzione e comunicazione al pubblico, gli obblighi inerenti alle misure tecnologiche e le relative eccezioni e sanzioni. Sorvolando sui vari disegni di legge che si sono susseguiti dei quali, tuttavia, meriterebbero una menzione quello Levi-Prodi istitutivo di un Registro degli Operatori di Comunicazione (ROC) che il  The Times bollò come “a geriatric assault on Italy’s bloggers” e la recente proposta di legge dell’onorevole Gabriella Carlucci che vorrebbe utopisticamente abolire l’anonimato in internet…

Alla base di tanta confusione c’è, dunque, la nascita di una informazione indipendente e gratuita che è andata a scontrarsi con un mondo fortemente controllato da lobbies economiche. Tuttavia internet non può diventare una sorta di “far west telematico” (4)  se è vero, quanto stimato dalla Federazione Internazionale della Proprietà (IFPI), che circa l’80% del materiale scaricato dal Web è illegale.

Le licenze Creative Commons

La soluzione prospettata da Joichi Ito (5), fondatore del Creative Commons per la riforma del diritto d’autore, sarebbe la creazione di sei differenti licenze che permetterebbero di tutelare a vari livelli il diritto stesso, in quanto fra la formula “Tutti i diritti riservati” e il pubblico dominio esisterebbero forme intermedie di protezione: l’artista stesso dovrebbe essere libero di scegliere quali diritti concedere e a chi.

“Internet non rappresenta a tutt’oggi un modello perfettamente efficiente” sostiene ancora Ito, paragonandolo al corpo umano con un sistema immunitario che deve imparare a guarire dalle malattie, siano esse l’attaccamento al copyright delle lobbies o la perdita della privacy. Risale a un mese fa l’ultimo attacco degli hacker, germi del sistema, alla rete che ha gettato nel panico gli utenti di Twitter e Facebook per ore, rivelando come sia esplosa una nuova e preoccupante dipendenza da social network, prontamente ribattezzata web-pandemia, e “come molti computer nel mondo siano infetti da programmi virus troiani che al momento opportuno rispondono al pirata informatico e non più al legittimo proprietario” (6).

Il giro di boa di Murdoch

“Il giornalismo di qualità non può essere a buon mercato” con questa frase Murdoch ha annunciato che da giugno 2010 la consultazione di The Times, The Sun, News of the World e di altri siti del gruppo australiano sarà a pagamento, come già aveva fatto il Wall Street Journal. Ancora una volta, dunque, internet si scontra con la necessità di tutelare gli interessi economici, anche se come afferma Jeff Jarvis, esperto di media del Guardian,  “proteggere i contenuti li esclude dai motori di ricerca, confinandoli in un recinto molto ristretto” (7). Tuttavia, sull’altro fronte, è stato annunciato che la versione tedesca di Wikipedia, l’enciclopedia gratuita on-line, sarà affidata a un comitato di esperti per controllare la correttezza dei contenuti, a dimostrazione di come la libertà sia difficile da gestire, e sia il risultato d’un lungo cammino, “bisogna guadagnarsela, conquistarsela, accettare perfino di limitarla, di ridisegnarne continuamente i confini, di rimetterla incessantemente in discussione”(8).

Nel mare magnum del web, dunque, si naviga a vista e, tuttavia, la velocità di crociera è sempre troppo elevata. La facilità con cui si reperiscono informazioni induce a non approfondirne la correttezza e la veridicità, gli “abstract” degli articoli permettono di estrapolare i contenuti senza eccessivo dispendio di tempo e attenzione, le banche dati  sembrano istigare all’abuso del copia-incolla. E internet, formidabile strumento conoscitivo, ormai imprescindibile per la maggior parte dei lavori, rischia di ritorcersi contro portando all’appiattimento e all’omologazione anche del pensiero, dove pochi creano e molti copiano senza spirito critico, con buona pace del diritto d’autore che naufraga con la creatività.

NOTE:

(1)   Legge n. 633/1941 Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio, con modifiche del D.L. n. 207/2008 convertito in L. n.14/2009;

(2)   art. 2575 cod. civ. e seguenti;

(3)   Legge n. 248/2000; Legge n. 62/2001; Legge n. 128/2004; Legge n. 2/2008;

(4)   “Il Minottino” di Daniele Minotti, Ed. Simplicissimus, 2008, ebookstore.simplicissimus.it;

(5)    Business.webnews.it;

(6)   “Identificarli è quasi impossibile” intervista di Francesco Grignetti a Umberto Rapetto da “La Stampa” del 07.08.09;

(7)   “I muri non servono” di Vittorio Sabadin da “La Stampa” del 07.08.09;

(8)   “La fatica della libertà” di Franco Cardini, Ed. Fazi, 2006.

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