Intervista a Paolo Terni

A cura di Alessandro Bartoli

Paolo Terni è nato ad Alessandria d’Egitto in un’importante famiglia italiana di origini ebraiche. Collaboratore di Giulio Einaudi nella sua avventura editoriale, docente all’Accademia Nazionale di Arte Drammatica di Roma, musicologo, critico e consulente musicale, autore e conduttore radiofonico per la RAI, scrittore e molto altro ancora. Abbiamo chiesto a Paolo Terni di affrontare per la Civetta alcuni aspetti del suo rapporto con la musica, l’attitudine all’ascolto musicale e la singolare funzione che la fuga può avere non solo in ambito musicale ma anche filosofico ed intellettuale. L’intervista si conclude con un personale ed affascinante ricordo dell’infanzia trascorsa in Egitto, in un’Alessandria allora raffinata capitale culturale di un Medio Oriente cosmopolita, non dimenticando alcune importanti figure familiari come il nonno, il compositore Enrico Terni, e la nonna d’adozione, la scrittrice vincitrice del premio Strega, Fausta Terni Cialente.

Cos’è per lei la musica?
La musica è per me la vita: da quando ho incominciato a pensare ho tentato di capirne ragioni e modalità… Della musica, della sua natura e identità, degli enigmi e misteri di cui è pervasa ho formulato ovunque – nei miei interventi e nei miei scritti – alcuni tentativi di risposta, particolarmente per quanto riguarda il grande tema dell’ascolto: una scorsa alla mia bibliografia ne può in parte fornire testimonianza per esempio nelle mie due ultime due pubblicazioni, “Il respiro della musica” e “La melodia nascosta”, entrambe edite da Bompiani.
Quando è nata la sua passione per la musica?
Posso dire che sia stata una passione “innata” e ho più volte ragionato sulle mie reazioni al mio primo ascolto consapevole in concerto. Vi era comunque in famiglia un grande rispetto per il fenomeno musicale ed i miei genitori hanno sempre reagito con affetto e attenzione all’apparire dei primi sintomi del mio amore per la musica, incoraggiandomi a studiarla: così, per alcuni anni, ho praticato il violino, il pianoforte e l’organo, formandomi alla Musica e al suo linguaggio anche nel magnifico Conservatoire de Musique d’Alexandrie diretto dal Maestro Piero Guarino. Inoltre andavo a tutti i concerti, spesso partecipando alla loro organizzazione, da volontario (talvolta anche da recensore sulla stampa locale!) e disponevo di un gran numero di registrazioni che ascoltavo continuamente (ho sempre avuto una gran memoria musicale!)…
Quanto ha influito sulla sua formazione avere avuto un nonno compositore?
Mio nonno compositore era ovviamente persona con cui passavo molto tempo in conversazione ad ascoltare i suoi pensieri, ma anche mia nonna materna era un’appassionata di opera lirica in quanto, da giovane, aveva praticato il canto. E poi avevo amici musicisti con cui si parlava molto di musica, condividendo anche studi ed esercitazioni…

Lei ha scritto che l’ascolto di una fuga in musica ci pone in allarme, ci suscita emozioni metafisiche, quasi religiose. La fuga in musica può dunque essere frutto e causa di sublime inquietudine?
Tutta la musica ci pone di fronte alle grandi questioni filosofiche, esistenziali, intorno alla vita e alla morte, al metafisico e al trascendentale, alla natura dell’universo, al senso della religione…e sono questioni ove si vive più inquietudine che certezze! La fuga mi pare un modo di dominare l’inquietudine ipotizzando un metodo che la controlli e la risolva riorientandola mediante una sorta di terapia della speranza, della persistenza, della sopravvivenza…
Cosa significa essere nato ad Alessandria d’Egitto nella prima metà del Novecento, quando era una raffinata città cosmopolita del Mediterraneo?
Ritengo un massimo privilegio l’aver vissuto in Alessandria in un’epoca ove era ancora ricolma del suo antico splendore. Ho goduto innanzitutto del privilegio di partecipare alla vita di comunità linguistiche e culturali tra loro diversissime ma capaci di coesistere in armonia ed alimentandosi reciprocamente senza alcuna forma di razzismo e incomprensione. In famiglia parlavo l’italiano ma, rispetto all’Italia di allora, sapevo perfettamente che i miei – di origine mazziniana – non ne condividevano affatto l’ideologia fascista. Mio nonno paterno militò per i repubblicani nella guerra civile spagnola, la mia nonna d’acquisto – la scrittrice Fausta Terni Cialente – è stata un personaggio ben noto della lotta contro il fascismo. Per la chiusura delle locali scuole italiane a causa dello stato di guerra, sono stato iscritto al Lycée Français d’Alexandrie ove ho vissuto con gioia e passione tutto quanto mi proveniva – mediante un corpo docente di grandissima raffinatezza e competenza – dalla grande cultura francese, specialmente in ambito letterario e filosofico. Ho conseguito il Baccalauréat con la votazione più alta tra tutti i diplomandi dei Licei francesi del Medioriente ed ero orgogliosissimo della proposta che allora mi fu fatta di garantirmi un percorso successivo di studi in Francia… Ma la vita mi condusse a ridefinire la mia pertinenza alla cultura e alla vita italiane, riallacciandomi all’Italia ove mi trasferii diciottenne, piuttosto sorpreso, anzi sgomento, di fronte alle passioni dei miei coetanei all’Università di Roma ove i più diffusi argomenti di conversazione erano il calcio e le fattezze di Gina Lollobrigida…altro privilegio della vita alessandrina fu la frequentazione di famiglie e coetanei di lingua e cultura anglo-sassone, il vedere molti film in inglese, il parlare e conoscere quindi una terza, fondamentale, lingua di cui appresi ad apprezzare i massimi capolavori letterari, teatrali e musicali, a partire da Shakespeare, dall’ascolto quotidiano della locale Egyptian State Broadcasting (E.S.B.) in lingua inglese, dal partecipare, nelle loro case, ai loro usi e costumi, anche alimentari…ma fondamentale è stata la convivenza con la popolazione egiziana, i suoi bellissimi usi e costumi, la lingua araba – che ho studiato a scuola – la rispettosa partecipazione al codice morale e culturale della religione musulmana che, accanto alla cattolica e all’ebraica, si sono reciprocamente alimentate, arricchendosi, nel mio personale percorso spirituale…E lì era popolosissima la colonia greca ed ho sofferto il profondo disagio di chi, ingiustamente, da italiano, doveva subire l’onta di figurare come aggressore nei confronti di una delle più importanti culture del mediterraneo…

Cosa pensa di quel che accaduto in Egitto negli ultimi due anni?
Su quanto stia accadendo in Egitto negli ultimi anni posso solo aggiungere che, a partire da Neguib e poi Nasser fino a Mubarak la mia famiglia ed io stesso abbiamo alquanto sofferto nell’assistere all’incompatibilità crescente tra rivoluzione e tradizioni di operosa e affettuosa inter-culturalità, un tempo patrimonio genuino della civiltà araba e alessandrina in particolare… E il morbo dell’integralismo mi sembra abbia definitivamente eroso quel monumento alla dignità e al reciproco, mutuo, rispetto che era stato il Medioriente della mia infanzia… Se penso che, allora, molti raggiungevano l’Italia da Alessandria con un comodo servizio ferroviario che, negli stessi tempi della navigazione marittima, percorreva tranquillamente Palestina, Libano, Siria e Turchia!!!

PICCOLA BIBLIOGRAFIA di Paolo Terni
per i tipi di Sellerio sono usciti “In tempo rubato”, “Un vento sottilissimo” e “Perché cantano?”. E per Bompiani: “Suite alessandrina”, “Il respiro della musica” e “La melodia nascosta”.

Alessandro Bartoli, (Savona, 1978) avvocato e saggista. Ha curato l’edizione anastatica di “Alcune Ricette di cucina per l’uso degli inglesi in Italia” con Giovanni Rebora (Elio Ferraris Editore 2005), “Le Colonie Britanniche in Riviera tra Ottocento e Novecento” (Elio Ferraris Editore – Fondazione Carisa De Mari 2008), “Dalla Feluca al Rex. Vagabondi, Viaggiatori e Grand Tourists lungo il Mar Ligure” con Domenico Astengo e Giulio Fiaschini (Città di Alassio, 2011 – Premio Anthia 2011), “Un sogno inglese in Riviera. Le Stagioni di Villa della Pergola” (Mondadori, 2012).

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