Graziella Arazzi
Massimo Dapporto, un attore che unisce una grande professionalità a una dote rara nel mondo contemporaneo e soprattutto in quello dello spettacolo, quella dell’umiltà intelligente, una pianta che si irrobustisce nel confronto con gli altri, con l’osservazione del mondo in tutte le sue sfumature, con la condivisione di emozioni e conoscenze. Figlio d’arte, ha al suo attivo un ricco percorso come attore di teatro, cinema e fiction televisive. La vastità della carriera artistica ci costringe a semplificare. Nel 2006, a fianco di Elena Sofia Ricci, ha interpretato il giudice Giovanni Falcone nel film-tv di RaiUno, Giovanni Falcone, l’uomo che sfidò Cosa Nostra, diretto da Andrea Frazzi. Nella stagione televisiva 2007-2008, è stato il protagonista di Distretto di polizia 7, nel ruolo del commissario di Polizia Marcello Fontana, per la regia di Alessandro Capone e di suo figlio Davide Dapporto.
Dapporto accetta di parlare di Eros, lo fa con la serietà e la profondità che lo contraddistinguono e che ogni volta riescono a stupire.
Calcando i palcoscenici dei teatri o lavorando dietro le quinte televisive, con un mestiere complesso e interessante come il tuo, ti sei mai imbattuto in Eros?
“Più che sul lavoro, direi che Eros l’ho incontrato in forme diverse in tutta la mia vita. Innanzitutto, bisogna fare una distinzione tra sentimento dell’Eros ed erotismo. Nel linguaggio corrente è facile confondere i termini. Per me ciò che conta non è sicuramente l’erotismo ma Eros, l’Amore, il dio greco che ti cattura e ti fa vivere. Se non ci fosse Amore, la vita non varrebbe la pena di essere vissuta e portata avanti, con le sofferenze e i patimenti che ci riserva”.
Restiamo nella “stanza” piena di meraviglie della tua biografia. Quando sei stato colpito da Amore?
“Nel periodo dell’infanzia mi innamoravo platonicamente, si trattava di una passione pura, con un fortissimo batticuore. A dieci anni volevo sposarmi con una coetanea. Mia zia, che mi seguiva molto, vedendo il mio turbamento, disse: – Deve ancora nascere la persona che ti sposerà. Ma ho un ricordo che risale addirittura ai cinque anni; mi innamorai follemente di una bambina più grande di me e soffrii le pene dell’inferno pensando che mi tradisse, un giorno in cui la vidi vestita di bianco. Ai miei occhi, indossava un abito da sposa e stava per sposarsi con un altro. Invece, semplicemente, si preparava a ricevere la prima comunione.
Drammi e passione …
“L’Eros ha sempre un punto culminante, in cui sembra sfiorare la morte. Conduce a vibrazioni violente, poi tutto sembra pacificarsi e riequilibrarsi” .
Ti innamori facilmente?
“Direi che mi innamoro profondamente ma non facilmente. Nella mia vita, l’energia di Eros mi ha segnato due o tre volte, non di più”.
Eros potente e raro, dunque?
“Per me è così. Mi sono innamorato della donna che poi è divenuta mia moglie. Poi c’è stato un altro amore, ma da tempo ho pianificato i sentimenti e questo mi ha aiutato a sostenere il matrimonio, che dura da ben 38 anni!”.
Eros si presenta sempre allo stesso modo?
“Sicuramente ha in ogni caso le sembianze della passione, anche se diverso è il tono con cui lo accogliamo nelle varie stagioni della vita. Quando ho conosciuto mia moglie, non avevo esperienza, ero molto fragile e insicuro. E’ nato un amore puro e solido. Frequentando per lavoro altre donne, sono stato attratto dalla scoperta del mondo femminile e della sensualità. Mi è capitato di innamorarmi, però ho sempre analizzato e controllato la situazione, ho sempre misurato la distanza tra le <altre> e mia moglie”.
Capacità di esaminare i propri sentimenti e di guardare in faccia la realtà, con franchezza.
“Direi di sì, anche se tutto ciò ha comportato un grande lavoro per dominare ansie e insicurezza, che derivavano dalla scarsa autostima e dalla sensazione di non essere all’altezza di ciò che stava accadendo. Spesso ho anche provato la gelosia, ma era collegata alla sensazione di abbandono e di perdita”.
Se tu dovessi interpretare Eros, su quali aspetti ti soffermeresti?
“In primo luogo, metterei a fuoco la verginità dell’amore giovanile, tra i 15 e i 18 anni, quando una telefonata ti fa battere il cuore, il respiro è affannoso, l’interiorità prevale e tutte le emozioni si centuplicano. Non c’è ancora il distacco e l’ironia dell’età matura. Ma non perderei di vista neanche l’orizzonte dell’Eros puro, senza riscontri erotici e neppure scambio di sentimenti, come si verifica nell’amore tra Dio e uomo, nell’agapé, dove l’amore è essenzialmente amicizia. Il terzo aspetto che vorrei ritrarre, infine, è l’amore come continuo apprendimento della vita”.
Puoi fare qualche esempio di quest’ultimo carattere?
“Per me – e mi riferisco sempre all’arco della professione – è stato determinante l’incontro con donne intelligenti e ironiche, che hanno rappresentato un grande stimolo per la mia formazione. Qui non sono entrati in gioco passioni e innamoramenti ma legami e scambi profondi tra uomini e donne. Pur avendo un carattere forte, ereditato da mio padre, ho sempre intravisto nella componente femminile un aiuto, un supporto e uno stimolo per imparare a conoscere me stesso e il mondo”.
Ma voi attori non siete creature privilegiate da Eros?
“Con il mestiere che si fa, noi attori esercitiamo un certo tipo di immaginazione e abbiamo un certo tipo di esigenze mentali, che vanno alimentate. Contrariamente a quanto si pensa, non abbiamo bisogno di erotismo ma sentiamo invece la necessità di inventarci in continuazione Eros, l’amore autentico”.
Perché?
“Per sconfiggere la noia dei tempi morti di una tournée di tre mesi, ad esempio. Per riempire la solitudine che ci coglie girovagando in mille città. Discutere di teatro, pittura, letteratura con una compagna o con un’amica può essere il momento in cui Eros appare, nella sua fascinazione e nel suo mistero”.
Un desiderio per il nuovo anno?
“Spero che mio figlio, in cui vedo quello che ero io in gioventù, mi permetta di diventare nonno. Il mio lavoro non mi ha mai regalato molto tempo per fare il padre come avrei voluto. Adesso, invece, a un nipote potrei dedicarmi con la gioia di una maggiore libertà”.