Giovanni Assereto
Il complesso monumentale di Santa Caterina a Finalborgo, nel quale si svolge la Festa dell’Inquietudine, fu edificato verso la metà del XIV secolo (la bolla di papa Innocenzo VI che assegna la chiesa e l’oratorio all’ordine dei Domenicani è del 1359) e destinato ad accogliere le tombe dei marchesi Del Carretto.
Burgum Finarii
Finalborgo (Burgum Finarii) era la capitale del Marchesato del Finale, un piccolo Stato che si estendeva su un arco di costa corrispondente a quello dell’attuale comune di Finale Ligure e si spingeva verso l’interno sino all’alta val Bormida. Formazione politica dalla storia quasi millenaria, le sue origini risalgono al X secolo e alla nascita della Marca Aleramica, anche se solo nel XII secolo, in seguito alla dissoluzione di tale Marca, il Finale acquistò una distinta fisionomia. Sarebbe rimasto fino all’inizio del Seicento sotto la sovranità dei Del Carretto, una grande famiglia feudale che fondava il proprio potere sulle investiture ricevute da Federico Barbarossa e dai successivi imperatori, e che con i suoi rami avrebbe governato anche numerosi feudi minori nelle vicinanze, come quelli di Zuccarello, Balestrino e Millesimo.
Per tutto il basso medioevo e la prima età moderna il Marchesato dovette fronteggiare la rivalità di Genova, che mirava a eliminare con la forza quella che essa giudicava un’enclave fastidiosa e pericolosa all’interno del proprio Dominio di Terraferma. Nonostante numerosi episodi di guerra e di occupazione, il Finale riuscì a conservarsi indipendente, tanto che pareva avviato a un destino non diverso da quello di un altro staterello poco distante – il Principato di Monaco – capace di durare fino ai giorni nostri.
Fine della dinastia carrettesca
Nel 1571, però, il re di Spagna Filippo II, temendo che i francesi suoi nemici si impadronissero del Marchesato, lo fece occupare militarmente e ventisette anni dopo, nel 1598, riuscì a farselo vendere dall’allora marchese Sforza Andrea Del Carretto. Nel 1602 questi morì e il Finale passò definitivamente alla corona spagnola, mantenendo tuttavia il suo status di Marchesato e di feudo del Sacro Romano Impero, nonché una certa autonomia.
La fine di una dinastia splendida come quella carrettesca – che aveva annoverato grandi personaggi nei campi della politica, delle armi, della cultura e della religione – non comportò affatto la decadenza dello Stato finalese. Sotto lo scettro dei Re Cattolici, che rappresentavano allora la massima potenza europea, il Marchesato conobbe anzi una sorta di età dell’oro. La Spagna teneva moltissimo a quel possedimento, che costituiva un importante presidio sull’alto Tirreno e una tappa del percorso attraverso il quale decine di migliaia dei suoi soldati raggiungevano i teatri bellici delle Fiandre e della Germania. E grazie alla protezione spagnola il commercio e la navigazione dei finalesi raggiunsero uno straordinario sviluppo, accompagnato anche da una notevole fioritura culturale e artistica. Per oltre un secolo, così, quel piccolo Stato si trovò associato ai destini imperiali della corona di Castiglia, respirò l’aria della grande storia e rimase a diretto contatto con il centro del mondo di allora: come se oggi, per fare un paragone, il Finale fosse una delle stelle nella bandiera degli Stati Uniti.
Fine dell’antica autonomia politica del Finale
Infine, nel 1713, la Repubblica di Genova – approfittando della grande crisi europea innescata dalla guerra di Successione Spagnola e del forte bisogno di denaro che angustiava l’imperatore Carlo VI d’Asburgo – comprò da quest’ultimo, che ne deteneva pur sempre l’«alto dominio», il Marchesato e lo inglobò nei propri territori. Quest’atto, molto deprecato dagli abitanti, segnò la fine dell’antica autonomia politica del Finale, ma certo non ne cancellò d’un colpo l’individualità, che ancora oggi si può leggere in molti segni presenti nel territorio, e che meriterebbe di essere sempre più riscoperta e sottolineata, non per ottuso campanilismo ma per legittimo orgoglio nei confronti di un grande passato.